Ne abbiamo parlato nella puntata 24 di Popular Opinion Podcast, Facebook annuncia un cambio di rotta e nome.
L’episodio è disponibile qui:
Nel 2018 sono stati pubblicati diversi articoli che dimostrarono l’uso scorretto di alcuni dati prelevati a Facebook da un’azienda di consulenza e per il marketing online chiamata Cambridge Analytica. L’interesse suscitato è stato alto perché ha dimostrato quante falle ha Facebook nel tenere sotto controllo il modo in cui i suoi dati, ovvero quelli degli utenti, vengano utilizzati. Inoltre Cambridge Analytica ha avuto importanti rapporti con alcuni dei più stretti collaboratori di Trump durante la campagna elettorale del 2016 che lo vide vincitore, inoltre ci sono diversi aspetti riguardanti eventuali contatti con la Russia per condizionare le elezioni statunitensi e il referendum su Brexit del Regno Unito.
Cambridge Analytica è specializzata nel raccogliere dai social network un’enorme quantità di dati sui loro utenti: quanti “Mi piace” mettono e su quali post, dove lasciano il maggior numero di commenti, il luogo da cui condividono i loro contenuti e così via. Queste informazioni sono poi elaborate da modelli e algoritmi per creare profili di ogni singolo utente, con un approccio simile a quello della “psicometria”, il campo della psicologia che si occupa di misurare abilità, comportamenti e più in generale le caratteristiche della personalità.
Nel Social Marketing questa si definisce “domanda Latente” proprio perché usa dei dati per pubblicizzare agli utenti prodotti che potrebbero interessare. L’opposto per intenderci è detta “domanda Consapevole”, ovvero la ricerca consapevole di una parola chiave o di un prodotto all’interno di un motore di ricerca. Per capirci meglio, se su Facebook seguo o metto dei mi piace alla pagina Samsung, avrò più possibilità di ricevere delle pubblicità di prodotti Samsung rispetto a quelli di un competitor.
Cambridge Analytica sostiene di avere sviluppato un sistema di “microtargeting comportamentale”, che tradotto significa: pubblicità altamente personalizzata su ogni singola persona.
Per comprendere la colpa di Facebook dobbiamo fare una piccola digressione: nel 2014 un ricercatore dell’Università di Cambridge, Aleksandr Kogan, ha realizzato un’applicazione chiamata “thisisyourdigitallife”, app che prometteva di produrre profili psicologici e previsione del comportamento basandosi sulle attività online svolte dagli utenti. Per utilizzarla quindi si faceva ricorso al caro Facebook Login iscrivendosi tramite Facebook: l’applicazione così ottiene l’accesso a indirizzo email, età, sesso e altre informazioni contenute nel proprio profilo Facebook (l’operazione è comunque trasparente: Facebook mostra sempre una schermata di riepilogo con le informazioni che diventeranno accessibili).
Così 270 mila persone usarono il Facebook Login per l’app di Kogan, arrivando a regalare informazioni di vario tipo su 50 milioni di utenti Facebook (stima del New York Times e del Guardian) visto che Facebook permetteva di profilare anche gli amici di chi si loggava. Kogan condivise questi dati con Cambridge Analytica e Facebook si trovò invischiata.
Arriviamo al 6 Ottobre 2021 quando Frances Haugen parla davanti al Congresso, organo legislativo del Governo federale degli Stati Uniti d’America. Prima di leggere cosa dichiara vediamo chi è: lavora come Product Manager in aziende tecnologiche dal 2006, una figura studiata nell’ambito del potenziamento del coordinamento in organizzazione aziendale nell’ambito commerciale/marketing, nel suo curriculum troviamo nomi quali Google, Pinterest, Yelp e Facebook.
La Haugen ha definito la crescita della società di Zuckerberg come “una delle minacce più urgenti per il popolo americano, per i nostri figli e il benessere del nostro paese, così come per le persone e le nazioni in tutto il mondo” arrivando ad accusare la società di nascondere dati ai propri azionisti, di manipolarli anteponendo i propri profitti alla sicurezza degli utenti e di aver creato “un sistema che amplifica la divisione, l’estremismo e la polarizzazione – e mina le società di tutto il mondo. In alcuni casi, questo pericoloso discorso online ha portato alla violenza reale che danneggia e addirittura uccide le persone. In altri casi, la loro macchina di ottimizzazione del profitto sta generando autolesionismo e odio verso se stessi – specialmente per gruppi vulnerabili, come le ragazze adolescenti.”
Le accuse della Haugen riguardano anche il caso Cambridge Analytica, perché forse la società sapeva bene che quella profilazione di massa sarebbe avvenuta e in cambio di soldi ha fatto in modo di nascondere la polvere sotto il tappeto distogliendo poi lo sguardo.
Da qui la necessità di un rebranding di Facebook e del nuovo nome: Meta.
Il Metaverso di Mark conterrebbe quindi Facebook, Instagram, Whatsapp, Messenger e Quest VR, la piattaforma di Horizon VR. L’obiettivo è quello di passare da social media ad una società che costruisce tecnologia per connettere le persone. L’ambizioso piano prevede di raggiungere un miliardo di persone nel prossimo decennio creando un posto dove le persone possano interagire, lavorare, creare contenuti e prodotti in un nuovo sistema che potrebbe così creare milioni di posti di lavoro.
Il cambiamento di fatto si estende solo al nome della società, le varie app resteranno con gli attuali nomi, tuttavia abbiamo già visto alcuni cambiamenti su Instagram come la scomparsa dello swipe-up in favore di un adesivo link aperto a tutti (prima lo swipe necessitava di 10mila follower per essere attivato) e una nuova app per creatori che sostituirà l’attuale Business Suite. Vedremo come cambieranno le cose anche in vista dell’appello che la Haugen ha fatto al Congresso chiedendogli di intervenire stilando delle linee guida per la protezione della privacy per tutte le aziende della Silicon Valley.
Discorso di Frances Haugen al Congresso
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